In un “abc della fede” non possono mancare alcuni testimoni che con la loro vita ci mostrano gli atteggiamenti giusti da adottare nel cammino insieme a Gesù. Perciò arrivati alla G ci accostiamo a Giovanni, non il Battista, ma colui che è considerato l’autore del Quarto Vangelo e da molti identificato con il “discepolo che Gesù amava”.
Ripercorriamo velocemente alcune tappe dell’itinerario spirituale di questo discepolo, tra i più giovani di coloro che avevano seguito Gesù, perché è davvero una bella figura da prendere in considerazione come modello della fede e della perseveranza in essa.
Il nostro giovinotto entra nella scena del racconto evangelico mentre si trovava a pescare con suo fratello, Giacomo. In una presumibile giornata di caldo, in mezzo alle faccende non leggere del mestiere e tra la confusione che caratterizza gli ambienti della pesca, avvertono distintamente la voce di un passante che li chiama e li invita a lasciare le loro reti per seguirlo e diventare -insieme a Simone e Andrea – pescatori di uomini, ed essi «subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono» (Mt 4,22). Non dobbiamo tralasciare la sottolineatura dell’evangelista Matteo che ci fa percepire l’immediatezza con cui Giovanni e suo fratello accolgono l’invito di Gesù: «Subito»! Ma più ancora vale la pena soffermarsi sul cambiamento che avviene nella vita di questi uomini. Quando il Signore chiama non si rimane gli stessi. Quando il Signore parla avviene una “trasfigurazione”. Giovanni e gli altri sono pescatori e tali rimangono, ma il Signore li cambia dal di dentro. Come pescatori di pesci erano “portatori di morte” perché un pesce non può vivere fuori dall’acqua. Ora, accogliendo l’invito a diventare “pescatori di uomini” diventano “portatori di vita” perché per l’uomo succede il contrario, è solo se viene tirato fuori dall’acqua che ha la possibilità di continuare a vivere. A volte può sembrare che l’incontro con Gesù non cambi niente nella nostra vita perché continuiamo a fare e a vivere le stesse cose. In realtà cambia tutto perché cambia il nostro sguardo su di noi e sulla nostra esistenza.
Da questo momento Giovanni e gli altri iniziano una vera avventura dietro a Gesù il quale apre loro lo sguardo a orizzonti nuovi e sconfinati, li conduce per mano a scoprire il cuore di Dio che è padre, fa comprendere loro attraverso i segni che compie che è Lui il Cristo. Un cammino entusiasmante, ma anche faticoso.
Facciamo un salto nel tempo e consideriamo come si è concluso l’itinerario di Giovanni insieme a Gesù: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19, 25-26). Lo troviamo ai piedi di Gesù crocifisso insieme a Maria, vedendo nel legno non una croce ma un’ancora, o meglio, l’esca lanciata verso di lui per essere pescato. Questo momento tragico diventa così non la fine ma il compimento del suo percorso, il momento in cui viene pescato per entrare nella vita eterna. E qui, vedendo il Maestro, capisce cosa vuol dire essere pescatori di uomini: donare la propria vita per tirar fuori dall’acqua tutti coloro che sentono la propria esistenza minacciata da tante cose che le impediscono di crescere.
Ci sarebbe tantissimo da scrivere su Giovanni e tanto ancora da imparare da lui. Perché non prendere in mano il Vangelo e cercare di capire meglio quest’uomo il cui nome significa “dono del Signore”?
p. Jonathan
Amo leggere il prologo di Giovanni evangelista, sì, tutto, il quarto vangelo è molto spirituale…
Simbolo rappresentativo di Giovanni è l’aquila, perché come tale vola in alto, fissa la luce senza esserne accecato. Va oltre e ci porta a vedere ciò che non si vede con occhio umano ma si sente col cuore.