Il racconto della Passione di Gesù, proclamato in questa domenica delle Palme, è una successione di significativi personaggi e un crescendo di vivissime emozioni. La Parola di Dio forte viene ad interrogare ognuno di noi.
Il vangelo si apre con l’“accordo” che Giuda sigla con i capi dei sacerdoti. Per trenta denari si impegna a trovare l’“occasione propizia per consegnare Gesù”. L’arresto avviene ad opera di una folla armata mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Emblematico è il bacio di Giuda.
Gesù si abbandona alla volontà di Dio, potrebbe invocare a difesa “più di dodici legioni di angeli”, ma “così deve avvenire”, altrimenti “come si compirebbero le Scritture dei profeti?”.
Giuda si rivolge a Gesù chiamandolo sempre “Rabbì”, ne riconosce l’autorità, è stato testimone della sua predicazione, dei suoi miracoli e nonostante tutti i segni non gli è fedele. Proverà rimorso, e riconsegnate le monete “andò ad impiccarsi”.
Siamo noi Giuda, che nonostante quanto Dio compie nella nostra vita, siamo pronti a tradirlo?
Segue Pietro, che si dichiara perseverante e forte nella testimonianza, afferma “Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai”, ma Gesù gli replica “In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte”.
Mentre Gesù è davanti al sommo sacerdote, Pietro è fuori ad aspettare. Viene riconosciuto come discepolo da alcuni, ma davanti a tutti nega e si concretizzano le parole di Gesù. Pietro pianse amaramente.
Siamo noi Pietro? Siamo cattolici praticanti, crediamo in Dio, ma siamo sua testimonianza nella vita di tutti i giorni? Quante volte lo rinneghiamo, perché non ci conviene professare apertamente la nostra religione o la nostra fede, di fronte, semmai, alle questioni morali e alle sfide etiche che i tempi moderni sollecitano?
Gesù si reca al Getsèmani per pregare, porta con sè Pietro e i due figli di Zebedeo, chiede loro di vegliare con lui “Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione”, ma per tre volte li trova addormentati. Gesù prova tristezza e angoscia, invoca: “Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”.
Siamo noi come i discepoli eletti? Quante volte siamo invitati a vegliare per non essere sorpresi, quante volte siamo invitati a pregare per non essere tentati? Ma quante volte non riusciamo ad essere perseveranti nella preghiera? In questi giorni drammatici e difficili per la storia dell’umanità il Papa ci sollecita a perseverare nella preghiera; anche attraverso la mediazione preziosa della tecnologia sono aumentati gli inviti a sentirci uniti in Dio nella preghiera.
Nel seguire del racconto della Passione incontriamo altri personaggi come Simone di Cirene e Giuseppe di Arimatea, il primo porta la croce insieme a Gesù lungo la strada che conduce al Golgota, il secondo, uomo ricco, divenuto discepolo, ottenuto il corpo di Gesù da Pilato lo depone nel “suo sepolcro nuovo”.
Quante volte noi possiamo essere Simone o Giuseppe e donare al prossimo quello di cui disponiamo, fosse un bene o anche piccoli gesti di tenerezza, di dolcezza che si perdono nell’”anonimato della quotidianità”, come ci sta sollecitando il Papa in questi giorni, e ci tratteniamo dal farlo, siamo inetti? Quante volte contribuiamo con le nostre azioni a fare comunione, comunità fra i fratelli? Oppure quante volte il donarci al prossimo ci ricolma di gioia, dona un senso alla nostra vita e ci fa sentire figli di Dio, partecipi della Sua Volontà?
Gesù è condotto davanti al sommo sacerdote Caifa per essere interrogato. Il sinedrio cerca una “falsa testimonianza”, due persone dichiarano di averlo sentito proclamare “posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”. Sollecitato a rivelarsi nella sua natura di Figlio di Dio, Gesù replica “Tu l’hai detto… d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo”.
Gesù è condotto davanti a Pilato. Ad ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. Egli pur sapendo che Gesù gli era stato condotto per invidia, davanti alla folla che urla di liberare Barabba e crocifiggere Gesù, prende dell’acqua e si lava le mani, ed esclama “Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!”.
Gesù a Pilato che gli chiede “Sei tu il re dei Giudei?” ,ha risposto “Tu lo dici”.
Siamo noi come i sommi sacerdoti o Pilato? Quante volte pensiamo di sapere tutto? Con la nostra presunzione e prepotenza, o peggio superficialità offendiamo il prossimo, non ci preoccupiamo di sentire le sue ragioni, perché in fondo non ci interessano o peggio non ci interessa prendere posizione, ci nascondiamo dietro a un dito, quasi a timore di schierarci per la Verità!
Gesù sale verso il Golgota. È crocifisso! I soldati, i capi dei sacerdoti, gli anziani, gli scribi si fanno beffa di Lui “… salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla Croce!”. Gesù grida a gran voce “Elì, Elì, lemà sabactàni?”-“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” e poi emette “lo spirito”.
Ora ognuno di noi è ai piedi di Gesù Crocifisso.
Il Papa in questi giorni di pandemia e di isolamento, è andato in processione verso la chiesa di san Marcellino al Corso, si è inginocchiato ai piedi dell’antico crocifisso miracoloso, che fece fermare la pestilenza a Roma nel XVI secolo.
Lo stesso Crocifisso è stato posizionato all’interno del cancello della basilica di San Pietro insieme con l’icona della Madonna Salus populi romani, quando il Pontefice, in una piazza San Pietro totalmente vuota, ha impartito Urbi et Orbi, la benedizione con l’indulgenza plenaria.
Contempliamo il mistero della Croce come ha fatto San Francesco, che ha vissuto tutta la sua vita all’insegna della Croce e ha iniziato la sua conversione davanti all’immagine del Crocifisso di San Damiano.
San Francesco «Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato». Il Crocifisso gli parla e lo invita a riparare la Sua Chiesa «che, come vedi, è tutta in rovina». Due anni prima di morire San Francesco riceve nel suo corpo i segni della Passione del Signore.
E proprio con le stimmate impresse nell’anima e nel corpo ci ha donato le Lodi di Dio Altissimo.
Tu sei santo, Signore Dio unico,
che compi meraviglie.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei altissimo.
Tu sei Re onnipotente, tu Padre santo,
Re del cielo e della terra.
Tu sei Trino e Uno, Signore Dio degli dei,
Tu sei bene, ogni bene, sommo bene,
Signore Dio, vivo e vero.
Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza.
Tu sei umiltà. Tu sei pazienza.
Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine
Tu sei sicurezza. Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia. Tu sei speranza nostra.
Tu sei giustizia. Tu sei temperanza.
Tu sei ogni nostra sufficiente ricchezza.
Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore. Tu sei custode e difensore nostro.
Tu sei fortezza. Tu sei refrigerio.
Tu sei speranza nostra. Tu sei fede nostra.
Tu sei carità nostra. Tu sei completa dolcezza nostra.
Tu sei nostra vita eterna,
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.
Il vangelo, pertanto, sollecita e incoraggia ognuno di noi “a non avere paura” , ad aggrapparci alla Croce, nostra salvezza, a trovare forza nella preghiera incessante, a nutrire la speranza, ad essere testimoni della Parola di Dio, perché anche in ognuno di noi trovi compimento la volontà di Dio.
Viviamo questo tempo, come ha detto il Papa, come un “tempo di scelta”, in cui rinnovare noi stessi, pensare di poter fattivamente contribuire ad essere testimoni di Dio.
Tanti sono fuori impegnati in prima linea negli ospedali, o a garantire servizi essenziali ai cittadini. Tanti nella quotidianità a distanza attraverso gli strumenti tecnologici, cercano di aiutare e far sentire la propria presenza.
Tutti siamo chiamati a stringerci in un abbraccio virtuale e a sentirci uniti nella preghiera, affidando a Dio le sofferenze del momento attuale, le persone colpite nel corpo e nello spirito e le nostre preoccupazioni. Compiamo scelte consapevoli, responsabili, siamo testimoni della Parola di Dio attraverso le preghiere e le opere.
Ognuno di noi si è riconosciuto in uno degli apostoli, o in parte di ognuno, ma tutti dobbiamo sentirci rafforzati da Gesù che preso il pane, recitata la benedizione e spezzatolo, lo ha donato ai discepoli, dicendo: “Prendete, mangiate: questo è il mio corpo” e tutti dobbiamo sentirci rincuorati da Gesù che ci dice “dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea”.
Non possiamo scambiarci il rametto di palma, ma dobbiamo sentire forte nel nostro cuore che “nulla ci separerà dell’amore di Dio!”.
Letizia Di Benedetto