I come “immagine”

Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza (Genesi 1,26). L’umanità è, per usare un termine tecnico ma semplicissimo da capire, teomorfa, vale a dire che ha la forma di Dio. Piuttosto che entrare nel merito delle discussioni teologiche sulla differenza tra immagine e somiglianza, ci lasciamo stupire dal fatto che agli occhi di Dio noi siamo belli perché lui è Bellezza. Portiamo nel volto l’impronta del nostro creatore il quale ci ha plasmato come un vasaio i suoi vasi, con delicatezza e perseveranza, immaginando fin dall’inizio il risultato finale.

«Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Prima della creazione dell’uomo le realtà esistenti erano solo “buone”, con la presenza dell’umanità fatta a immagine di Dio tutto diventa “molto buono”. Bontà e bellezza sono i sigilli che portiamo impresi nel cuore, però conosciamo anche delle forze che ci allontanano da questo ed è tutto ciò che chiamiamo “peccato”. Il peccato infatti offusca la nostra bellezza e fa di noi dei “senza volto”, degli schiavi. Il peccato ci porta fuori dalla grazia, fuori dalla bellezza. Tutti ne facciamo esperienza ma non è il desiderio di Dio per noi. Perciò ha inviato Gesù che, secondo san Paolo, è immagine del Dio invisibile (Col 1,15) per mostrarci la via della nostra verità, per insegnarci a vivere davvero a immagine e somiglianza di Dio.

Alla luce della vita di Gesù comprendiamo che essere immagine di Dio significa avere con Lui un rapporto di reciproca appartenenza. Apparteniamo a Lui come il figlio appartiene al padre e lui appartiene a noi come il padre appartiene al figlio. Siamo orientati verso di Lui e Lui vede in noi l’immagine del Figlio. E perché non si sentisse nessuno escluso da questo, il Figlio ha assunto la forma dello schiavo. In questo modo anche il più povero e dimenticato degli ultimi può riconoscersi in Lui. «Non aveva apparenza né bellezza» (Isaia 53,2) perché tutti i privati della propria bellezza, tutti gli sfigurati potessero rispecchiarsi in lui e sentirsi pur sempre figli amati dal Padre.

Riprendiamo l’esempio dell’artigiano che lavora la creta. L’immagine prima di raggiungere la sua forma finale e il suo splendore deve passare attraverso un lungo processo di lavorazione e rifinitura, qualche volta il vasaio deve pure ricominciare da capo. Noi ci troviamo in mezzo a questo processo, siamo nelle mani di Dio che pian piano e con tanta pazienza ci va modellando. In mezzo ai vari passaggi dobbiamo conservare la certezza che «fin da ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non ci è stato ancora rivelato» (1Gv 3,1). Possiamo però intuirlo alla luce del volto splendente e glorioso di Gesù risorto.

Noi, creati a immagine di Dio, portiamo un tesoro in vasi di creta (Cf. 2Cor 4,7). Un giorno questo tesoro sarà svelato in tutto il suo splendore.

p. Jonathan

Un commento su “I come “immagine””

  1. “Apparteniamo a Lui come il figlio appartiene al padre e lui appartiene a noi come il padre appartiene al figlio.”😍

    “Abbà, grazie del tuo Amore per noi, tuoi figli nel nostro Gesù ❤️

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